Vinted e la rivoluzione della moda

A cura di Ida Laura Cappiello

Borsa di Gucci nera, prezzo nell’e-shop aziendale 1900 euro. Borsa quasi uguale, nuova, ancora con il cartellino, su Vinted: 703 euro. Piumino Moncler da uomo, bianco, prezzo nell’e-shop aziendale 1380 euro. Lo stesso modello, su Vinted, nuovo con il cartellino: 700 euro. Infine, un superclassico. Scarpe Adidas Superstar Originals, bianche con le strisce blu, prezzo nell’e-shop aziendale 120 euro. Su Vinted, sempre nuove con il cartellino, 35 euro. Certo, per abiti e scarpe non puoi scegliere la taglia (per questo le borse sono gettonatissime), ma per ogni misura trovi decine di articoli, anche tra i prodotti nuovi, mai utilizzati.
I brand famosi, che siano o meno di lusso, sono i più richiesti sul marketplace dell’usato nato in Lituania 17 anni fa e che oggi conta 50 milioni di utenti in 13 Paesi, uffici in cinque Paesi europei, 2000 dipendenti e un fatturato di 800 milioni di euro. Sempre nel 2024, l’utile netto ha sfiorato gli 80 milioni (dati 2024?). E la crescita di Vinted continua.

DATI

NASCITA: 2008 A VILNIUS (LITUANIA)
FATTURATO 2024: 813 MILIONI DI EURO (+ 36% SUL 2023)
UTILE NETTO 2024: 76,7 MILIONI DI EURO (+ 330% SUL 2023)
PAESI: 13
DIPENDENTI: 2000

Tutto nasce da…un trasloco in vista e troppi vestiti negli armadi

Diciassette anni fa, a tarda sera (chissà perché, le idee migliori nascono sempre sotto le stelle…), Milda Mitkute e Justas Janauskas stanno chiacchierando a Vilnius, la capitale della Lituania. Milda deve traslocare, ha gli armadi pieni di vestiti, come la maggior parte delle donne… sono troppi da portare nella casa nuova ma Milda non vuole assolutamente buttarli via. L’amico Justas ha un’idea: creare un sito web apposito per vendere i vestiti di troppo.
Cominciano in Lituania, poi l’idea piace e il viaggio comincia. Vinted, un nome che ricorda la parola “vintage”, in tutto il mondo sinonimo di “usato di stile,” sbarca in Francia, Belgio, Olanda, Italia, Polonia, Germania, Austria, Spagna, Inghilterra, e nel 2025 Croazia, Grecia e Irlanda. Un successo che sembra inarrestabile. Secondo l’ultimo Impact Report aziendale del 2023, due terzi degli utenti Vinted hanno almeno un capo su quattro del guardaroba comprato di seconda mano. E nel 2025 entrano a far parte del marketplace anche casalinghi, giocattoli e articoli elettronici usati.

Un’idea vecchia come…una chiesa

L’idea di vendere abbigliamento di seconda mano, che sia firmato, vintage o semplicemente di buona qualità, non è certo nuova: da decenni in tutta Europa le organizzazioni benefiche li propongono, in negozi stabili – numerosi soprattutto in Inghilterra – o nei temporary shop, spesso natalizi, aiutate da aziende amiche le quali forniscono prodotti nuovi ad esempio della collezione precedente, o anche spazi di rappresentanza per allestire il negozio. Per non parlare, andando ancora più indietro nel tempo, delle vendite parrocchiali sparse in tutta Italia, dove ancora oggi gli abitanti del quartiere, o del paese, non possono fare a meno di dare un’occhiata a caccia di occasioni. L’avvento del digitale ha rivoluzionato anche questo modo di vendere, con la possibilità di raggiungere pubblici molto più estesi, anche fuori dai confini nazionali. Ed ecco che vendere di seconda mano, da uno strumento non profit di raccolta fondi è diventata una geniale idea di business, decisamente “profit” ma con un contenuto di responsabilità sociale.

Chi sono i compratori?

Vinted divide i compratori in 3 gruppi: i cercatori di occasioni, la maggioranza, mossi dal prezzo conveniente; i consumatori consapevoli, mossi dal desiderio di limitare gli sprechi aiutando così l’ambiente; i compratori casuali, che non conoscono Vinted e la trovano mentre cercano un vestito online, magari attratti da una pubblicità.
In aggiunta ai tre gruppi principali troviamo chi cerca prodotti ormai introvabili, non solo nell’abbigliamento: chi scrive, ad esempio, ha venduto da poco a un collezionista l’ippopotamo blu che pubblicizzava i pannolini Lines negli anni ’60, in un famoso spot di Carosello firmato nientemeno che Armando Testa.

Il valore ambientale…e le criticità nella logistica

Circa un quarto dei compratori, abbiamo visto, è mosso dal desiderio di non sprecare e di ridurre l’impatto ambientale del vestiario, oltre che, in misura minore, il desiderio di non alimentare produzioni che fanno uso di lavoro minorile o schiavistico. Secondo l’istituto di ricerca Vaayu, partner di Vinted nel redigere l’Impact Report, nel 2023 gli acquisti sulla piattaforma hanno fatto risparmiare 679.000 tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni conseguenza della produzione “a nuovo” degli stessi abiti.
Tuttavia, il sistema di trasporti e consegne dell’usato in tutta Europa genera emissioni inquinanti notevoli, considerando che parliamo di articoli singoli da trasportare e consegnare. Lo stesso Thomas Plantenga, CEO di Vinted, ammette nell’Impact Report di “essere consapevole che una parte della nostra attività crea emissioni.” Nel 2023 ogni spedizione ha generato 1,35 kg di CO2, in crescita sul 2021 del 27%. Il saldo resta positivo per l’ambiente, visto che le emissioni totali nel 2022 ammontano a circa 287.000 tonnellate, meno della metà delle emissioni evitate. Vinted si sta comunque impegnando per migliorare, dichiara il report, soprattutto cercando di ridurre le consegne al domicilio dell’acquirente a favore dei punti di ritiro diffusi capillarmente sul territorio, spesso raggiungibili a piedi.

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